Sempre più si sente parlare di una forte crisi creativa nella drammaturgia italiana. Sono, infatti, sempre più rari gli esempi di autori che dedicano al teatro la giusta attenzione, e sempre più spesso, di contro, l’utilizzo, da parte di registi e direttori artistici dei teatri, di rivisitazione di classici e di autori stranieri. Pochi sono i nomi di autori italiani che si cimentano con attenzione e successo nella scrittura drammatica, e molto frequentemente, dai vari concorsi di drammaturgia vengono segnalati copioni dalla forte pregnanza letteraria, ma dalla debole struttura teatrale, e, a parte sparuti esempi, quali Sergio Pierattini, Letizia Russo e Fausto Paravidino, sono parecchi decenni che il panorama drammaturgico italiano difetta di un vero cambio generazionale. A Napoli, nello specifico, dopo la felice stagione che, come sintetizzò l’editore Guida nel titolo di un’antologia pubblicata negli anni ’90, venne definita semplicisticamente quella del “dopo Eduardo”, se si escludono i non più di primo pelo Fortunato Calvino e Mario Gelardi, si fatica a trovare un autore che sappia dare il giusto contributo ad una tradizione drammaturgica che è sempre stata fertile e, soprattutto, riconosciuta dal gusto del pubblico nonché dal giudizio tecnico di esperti del settore. Proprio alla stagione del su citato “dopo Eduardo” faceva parte, oltre al mai abbastanza compianto Annibale Ruccello ed al primo, ed a nostro giudizio più teatralmente valido, Enzo Moscato, anche colui che è attualmente il più rappresentato all’estero tra i drammaturghi italiani viventi, Manlio Santanelli.
È perciò da considerare un grande evento quello che vede lo stesso Santanelli artefice di un lavoro su giovani aspiranti autori ai quali offrire la propria esperienza di drammaturgo con la finalità, ed è questa la piacevole particolarità del progetto, di sperimentare direttamente sulla scena, grazie all’apporto registico di un altro pregevole Maestro quale Riccardo De Luca, gli elaborati usciti fuori da questo originale laboratorio di scrittura, facente parte delle iniziative della Experimenta - Teatro e Cinema.
La scena, infatti, e non la lettura, è la vera destinataria di quello che scrive il drammaturgo, e solo sulla scena si riesce a decodificare ciò che l’autore scrive su carta, come ben sapevano sin dai tragici greci tutti i grandi autori del passato da Shakespeare a Moliere, da Goldoni ad Eduardo, che pensavano a quel che scrivevano esclusivamente in base alla resa che avrebbe avuto sul palcoscenico e non all’effetto editoriale.
“La Mosca Nel Brodo”, questo il titolo in cui sono raggruppati i 10 copioni ad opera dei 9 aspiranti drammaturghi avviati dalla sapiente mano di Santanelli, 10 testi che, accomunati dal tema che ispira il titolo dell’operazione, la sgradevolezza, sono presentati da un gruppo di altrettanto giovani interpreti (tra i quali anche alcuni degli autori) diretti in maniera creativa da De Luca, che riesce a metterne in evidenza le caratteristiche più teatralmente interessanti. Gli argomenti e gli stili sono tanti, si parte con il non-sense di “Il San Bernardo della Val Brembana” di Elisabetta De Luca ed Emilio Marchese per passare, via via, all’alienata malinconia di “Quello lì sullo sfondo che mangia patatine” di Roberto Iannucci, alle due storie di caming out omosessuale dei protagonisti di “Un disturbo di comunicazione” di Alfonso Salerno e “Calzini a Rete” di Emilio Marchese, quindi i tormenti del sacerdote innamorato in “Un matrimonio particolare”di Eduardo Di Pietro, le inquietanti storie incentrate su ego e rapporti di coppia deviati quali “Il primo camerino” di Maurizio Tieri "Prove tecniche di inesistenza" di Massimo Petrucci e “La Denuncia” di Adalgisa Cornelio, l’interessantissimo e drammatico “Devo Scappare” di Milena Cozzolino e il divertissment sul teatro de “Il Mestiere dell’attore” di Elisabetta De Luca che chiude con il giusto umorismo agrodolce la serie dei 10 brevi copioni che presentano una indiscutibile, anche se in alcuni casi ancora acerba, capacità drammaturgica. In scena la convincente prova di Amalia Abbisogno, Elisabetta De Luca, Emilio Marchese, Agostino Petrellese, Michele Romano, Alfonso Salzano, e Maria Sperandeo, 7 giovani attori che riescono ad assecondare il multicolore stilismo dei 10 autori e l’istrionica composizione di De Luca. Insomma, una mosca nel brodo che, per quanto sgradevole, fa ben sperare sul futuro della drammaturgia italiana.
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